Per rafforzare il coinvolgimento dei lavoratori, migliorare la qualità dell’ambiente lavorativo, far crescere la produttività
LOBBY D’AUTORE – Prima Comunicazione, Dicembre 2024
I lavoratori italiani sono i più infelici al mondo secondo State of the Global Workplace, un’autorevole indagine sullo ‘stato di salute’ del lavoro a livello internazionale realizzata da Gallup. Soltanto il 4% dei dipendenti in Italia si sentirebbe pienamente soddisfatto del proprio lavoro, addirittura il 25% sarebbe pronto ad atti di sabotaggio nei confronti dell’impresa in cui opera. Al di là dei dubbi statistici che ognuno di noi può nutrire sulla reale portata di questi numeri, l’esistenza di un fossato molto profondo nel nostro Paese tra lavoratori e lavoro è un dato oggettivo e facilmente verificabile. E per colmarlo non c’è alternativa: dobbiamo restituire valore al lavoro, percorrendo (anche) strade nuove.
Una di queste sta per approdare nel sistema normativo italiano, dopo il finanziamento ad hoc intelligentemente inserito dal governo Meloni nella legge di Bilancio approvata a dicembre dalle Camere: è la Partecipazione dei lavoratori alle imprese. Tutto è partito dalla proposta di legge di iniziativa popolare della Cisl guidata da Luigi Sbarra (e a breve da Daniela Fumarola), in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, che è stata sposata la scorsa estate dai partiti di maggioranza e di cui si attende ora una rapida approvazione in Parlamento. Una proposta che opportunamente evita qualsiasi approccio ‘impositivo’, in quanto prevede l’adesione volontaria (e incentivata) delle imprese e dei lavoratori, la possibilità di scegliere in modo flessibile quale dimensione di Partecipazione sviluppare all’interno dell’azienda, il ruolo decisivo della contrattazione.
Sul piano culturale, la Partecipazione consentirebbe di superare finalmente la feroce contrapposizione tra capitale e lavoro, prevedendo una serie di strumenti e di opzioni di coinvolgimento dei lavoratori rispetto all’andamento economico-finanziario, alle decisioni, all’organizzazione delle imprese. Ma il rischio di suscitare la radicale opposizione del convitato di pietra – gli imprenditori – è molto alto. È impossibile, dunque, realizzare un’economia della Partecipazione ‘condivisa’ tra sindacati e imprese?
Se si abbandonano pregiudizi e lenti ideologiche, è facile convenire sul fatto che il disegno di legge Cisl contenga una visione innovativa dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali, che merita di essere valutata con attenzione dalle aziende – sicuramente da grandi imprese, multinazionali e medie imprese – per rafforzare il coinvolgimento e la motivazione dei lavoratori, migliorare la qualità dell’ambiente lavorativo, far crescere la produttività del lavoro. E per prevenire e gestire le conflittualità: un esempio su tutti riguarda la diffusione dell’AI generativa di massa, che potrebbe determinare a breve profonde ristrutturazioni dei modelli organizzativi e del personale nelle nostre imprese e, di conseguenza (se non verrà gestita in modo innovativo), pesanti conflitti sul piano sindacale.
Ma questa nuova visione potrà essere presa seriamente in considerazione da imprenditori e top management, soltanto a una condizione: che sia abbandonato il modello tedesco, costruito sul gigantismo delle grandi imprese e sulle macerie della Seconda guerra mondiale. Un modello evidentemente lontano dalle caratteristiche e dai bisogni del nostro sistema imprenditoriale. La questione critica è l’eventuale presenza dei lavoratori nei consigli d’amministrazione o nei consigli di sorveglianza, che rischierebbe di trasformare il confronto tra imprese e lavoratori sulla Partecipazione in un ‘rodeo ideologico’. Il disegno di legge Cisl consente di fare anche altro, più utilmente, senza dover coinvolgere i Cda: creando comitati paritetici per affrontare le sfide più complesse e innovative dei prossimi anni, dall’AI alla sostenibilità, realizzando piani di azionariato diffuso per i lavoratori dipendenti, avviando consultazioni strategiche a ogni livello sulle scelte più rilevanti.
In questo modo si può costruire una ‘via italiana alla Partecipazione’, un vestito sartoriale pensato sulle esigenze dei nostri lavoratori e delle nostre imprese. Capace di restituire al lavoro quella centralità assoluta, che la Costituzione ha sancito, ma che non abbiamo mai avuto il coraggio di realizzare davvero.